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Bonorva

Sassarese

Comune di Bonorva

(provincia di Sassari)

Altitudine: m 508 Superficie: kmq 149,55 Abitanti: 4.257        

Una sala dei museo civico archeologico

Il paese, il maggiore e probabilmen­te il più ricco del Meilogu, è posto a mezza costa, su un pendio ripido e in più punti aspro: ha alle spalle il vastissimo altipiano di Campeda e davanti, ai suoi piedi, l'ampia piana di Santa Lucia che si allarga verso oriente. L'abitato, di grande decoro, rivela per chiari segni un solido be­nessere e un grado elevato di svilup­po civile: qui, prima che in molti al­tri luoghi della Sardegna pastorale, l'allevamento del bestiame adottò tecniche evolute; qui si sviluppò una borghesia che alle solide basi economiche univa vivaci inclinazioni cul­turali e una speciale attenzione per la cultura tradizionale. Patria di stu­diosi della lingua sarda e di poeti dialettali (il maggiore, autore di composizioni alle quali viene ricono­sciuta grande dignità letteraria, fu Paolo Mossa, assassinato nel 1892 da due banditi, Francesco Derosas e Pietro Angius, assoldati come sicari da suoi misteriosi nemici), Bonorva si ritiene custode legittima della pu­rezza della lingua logudorese. Qui è ancora attiva l'industria casearia, il cui primo stabilimento vi fu impian­tato fin dalla fine dell'Ottocento. Qualche beneficio deriva al paese an­che dallo sfruttamento delle acque minerali delle Fonti di Santa Lucia. Di pregio notevole la chiesa parrocchia­le di Santa Maria Bambina, bella costruzione gotico-aragonese del XVI secolo; ha un bei portale ad arco sormontato da un ornamento di for­ma triangolare di ispirazione classi­ca. L'interno, a navata unica, è suddiviso in cinque campate, secondo uno schema ricorrente nell'architet­tura sardo-aragonese del Meilogu. Lo sviluppo economico e civile di Bonorva, che acquistò rapidamente importanza come centro agricolo, ebbe inizio fra il Cinquecento e il quasi tutte riutilizzate in età altomedioevale. Tra quelle visitabili sono la Tomba detta del "Capo", che in pe­riodo paleocristiano fu trasformata in chiesa ed ha affreschi bizantini alle pareti, e la Tomba a Camera, con co­pertura a due spioventi che sembra riprodurre il tetto di una casa prenuragica. Fra gli ipogei scavati nel pia­noro il più bello e articolato è quello che conserva il focolare rituale. In posizione dominante rispetto alla Necropoli di Sant'Andrea Priu si trova un grande masso a forma di toro, co­nosciuto come il "Toro Sacro", o an­che come il "Campanile". È probabile che la singolare "scultura", mancante però della testa, sia stata modellata dagli agenti atmosferici e poi rifinita dall'uomo forse con intenti religiosi:
la figura del toro, simbolo della ferti­lità e della vita, è spesso presente nelle domus de janas risalenti all'Età del Rame (3500 - 2700 a.C.). A sud dell'abitato, infine, si trovano due muraglie difensive che sembrano fronteggiarsi: una, sulla sommità dell'altipiano, di costruzione punica, la seconda, più a est, di fattura nuragica: sembra che si possa dedurne che, intorno al V secolo a.C., la pene­trazione punica si arrestasse al limite dell'altipiano, contrastata dai popoli nuragici.
Nel 1999 è stato allestito, nei locali dell'ex convento francescano, il Mu­seo civico archeologico, nel quale, col supporto di reperti di grande va­lore scientifico e di pannelli didasca­lici, vengono ricostruite, secondo un itinerario a ritroso nel tempo, la sto­ria e la preistoria del territorio, dal­l'età moderna a quelle più remote.


 

La casa del poeta Paolo Mossa

 
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