Isola di Sardegna

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Gotico di Sardegna

L'arte

Distanza complessiva da percorrere                                  circa 150 km
Tempo medio di percorrenza                                            da 3 a 4 ore
Tempi di sosta e visita                                                     circa 4 ore
Durata complessiva dell'itinerario                                      da 7 a 8 ore





1. Thiesi: Chiesa parrocchiale di Santa Vittoria (1590 circa).
2. Giave: Chiesa parrocchiale di Sant'Andrea (1583 circa).
3. Cossoine: Chiesa parrocchiale di Santa Chiara.
4. Bonorva: Chiesa parrocchiale di Santa Maria Bambina (1582 circa).
5. Semestene: Chiesa parrocchiale di San Giorgio (1620-1630 circa).
6. Pozzomaggiore: Chiesa parrocchiale di San Giorgio (1550 circa).
7. Padria: Chiesa parrocchiale di Santa Giulia (1520 circa).






Benché la conquista aragonese risalga quanto meno al 1436, è solo ver­so l'inizio del XVI secolo che nel Nord Sardegna incomincia ad affermar­si con chiarezza uno stile di marca iberica nell'architettura religiosa:
uno stile che può già definirsi tardo-gotico al suo primo apparire e che resisterà nell'isola per oltre un secolo. In una piccola area del Meilogu sorsero allora ben nove chiese parrocchiali che, per quanto disperse nel tempo sull'arco di circa cento anni, mostrano nel loro insieme un'unità stilistica e una continuità di forme davvero eccezionali. Accogliendo e come cristallizzando nel tempo i mo­duli gotico-aragonesi, adattandoli al gusto della religiosità locale, innervando­li a poco a poco di suggestioni rinascimentali e manieristiche, le maestranze catalane immigrate e quelle indigene che ne rilevarono l'eredità finirono col di­segnare i tratti di un'architettura d'importazione e insieme paradossalmente originale, fortemente connotata nel suo particolarismo e sottilmente diversa da ogni altra: un'architettura che, senza forzare la realtà e la storia, può a ragio­ne definirsi sardo-aragonese o gotico-sarda, se non addirittura (considerando gli stilemi inconfondibili di quest'area ristretta) gotico-logudorese. L'elegante portale gigliato inquadrato da due robusti contrafforti laterali, spesso sporgen­ti in due ali d'effetto scenografico, e l'interno mononavato, suddiviso in cam­pate voltate quasi sempre a crociera, sono per così dire il corredo genetico essenziale di queste sette chiese (cui vanno aggiunte, per com­pletare la collezione, le parrocchiali di Torralba e Cheremule, escluse dal no­stro breve itinerario): su questa solida inte­laiatura l'evoluzione del gusto e l'estro de­gli uomini si sono divertiti a innestare varia­zioni di ogni sorta, alter­nando sulle facciate gli ornamenti di reminiscenza romanica a quelli d'ispirazione moresca, e soprattutto arricchendo gli interni di decorazioni fantasiose, di cappelle laterali che sembrano talvolta distac­carsi dal corpo dell'edificio come piccole chiese a sé stanti, abbigliando le colon­ne di plinti e capitelli, decorando le volte di formelle o rivestendole di maioliche policrome in rilievo. Un viaggio monografico in que­sto piccolo universo poco noto di arte marginale e dol­cemente tardiva permette di acquisire, strato dopo strato, la consapevolezza di come una cultura, trapiantata in un'al­tra terra, ne assorba i sapori.

1. Thiesi: Chiesa parrocchiale di Santa Vittoria (1590 circa).
Il nostro itinerario, che può essere immaginato con partenza e arrivo ad Alghero, più o meno equidistante (una cinquantina di chilometri)
dai due punti estremi, ha la sua prima meta nel centro di Thiesi. Un primo elemento di originalità della parrocchiale di Santa Vittoria è dato dall'asimmetria della facciata che, mentre su un lato si protende nella quinta obliqua e molto accentuata del contrafforte, dal lato opposto si addossa alla base quadrata del cam­panile.
L'elaboratissimo portale gi­gliato è un esempio affascinante di come gli scalpellini locali abbiano saputo interpretare e arricchire con originalità i modelli stilistici d'im­portazione: vi convivono nitore ri­nascimentale degli elementi di so­stegno, gusto manieristico dell'or­nato e un'imagerie ancora ingenua­mente medievale (i due draghi con le code attorcigliate ai pilastrini la­terali, le figure di Cristo e dei santi nelle edicole che sormontano l'ar­chitrave).

La facciata della chiesa di Santa Vittoria di Thiesi


Bellissimo il rosone a rag­giera, dai cui trafori traspaiono gli spicchi policromi della vetrata. Luminoso l'interno, la cui unica navata è suddivisa da agili archi a sesto acu­to in quattro campate voltate a cro­ciera. Il prezioso pulpito ligneo, della stessa mano di quello di Ardara, è del primo Seicento.



2. Giave: Chiesa parrocchiale di Sant'Andrea (1583 circa).
Dell'originario impianto romanico la chiesa conserva il disegno nitido della modesta facciata a spioventi, liscia e nuda, sulla quale il gotico portale gigliato risalta con partico­lare evidenza. I contrafforti laterali, qui, sono in linea con la facciata. Nel tardo Seicento la parrocchiale di Giave ha subito profondi rimaneg­giamenti, sia all'esterno (finestra quadrata che sovrasta il portale, or­dini superiori - a pianta ottagonale - e guglia conica del campanile) sia soprattutto all'interno dove, nella sagrestia di sinistra, si cela l'ele­mento di maggiore originalità del­l'edificio: due fi lari di colonne dai plinti e dai capitelli fantasiosamen­te elaborati, ornate da teste di sera­fini nelle modanature superiori e sormontate da una fila di formelle in rilievo. Questo ampliamento risale a un periodo compreso fra l'ultimo de­cennio del XVII e il primo del XVIII secolo e costituisce un esempio suggestivo di come, in Sardegna, il gusto barocco si eserciti con tratte­nuta esuberanza sopra linee e forme ancora tardorinascimentali. Per il resto anche l'interno mononavato, suddiviso in cinque campate voltate a botte, tradisce l'origine gotico-aragonese.

3. Cossoine: Chiesa parrocchiale di Santa Chiara (ultimo quarto del XVI secolo).
Le due semicolonne che, prolungan­do fino alla cornice i pilastrini esterni del portale gigliato, sosten­gono due teste di mostri denuncia­no la filiazione diretta della parroc­chiale di Cossoine dal raffinato mo­dello di Padria, ribadita dal rosone dall'ampia cornice modanata. Nel­l'interno, sopra lo stilema gotico-aragonese dell'aula mononavata partita in tré campate voltate a bot­te, la fantasia fervida e talora inge­nua degli artigiani locali si è sbiz­zarrita a ornare i capitelli di scultu­re sacre e profane, di gusto e plasti­cità rinascimentali, raffiguranti an­geli, aquile, suonatori di liuto, bal­lerini. In una delle cappelle laterali, infine, la volta è decorata con for­melle in rilievo, estremamente va­riate nei colori e nelle figurazioni.

4. Bonorva: Chiesa parrocchiale di Santa Maria Bambina (1582 circa).
La derivazione gotico-aragonese del portale gigliato è confermata dai due pilastrini che si prolungano lun­go la facciata fino alla cornice ad archetti: eppure l'arco a tutto sesto è sormontato da un architrave con timpano triangolare, di chiara ispi­razione rinascimentale. L'interno è, secondo il modulo ormai noto, mo­nonavato e suddiviso in cinque campate da archi a sesto acuto. An­che qui, però, la mano dell'artigiano e il gusto della religiosità popolare si manifestano liberamente nelle sculture che adornano i capitelli, specie quelli della prima campata. Interessante anche, nella prima cap­pella a sinistra, il fantasioso orna­mento a formelle sulla cornice della volta.

5. Semestene: Chiesa parrocchiale di San Giorgio (1620-1630 circa).
La parrocchiale di Semestene è la più tarda fra quelle che compongo no questa piccola famiglia e, nella sua sobria ma non banale linearità, costituisce un esempio di come l'ar­chitettura sarda trapassi dal tardo-gotico al tardo-rinascimentale svi­luppando, nell'anacronismo inevita­bile dell'isolamento, caratteri di sincretismo stilistico
che finiscono col costituire un tratto di originalità.

Costruita in posizione scenografica, con magnifica vista sui mossi paesaggi vulcanici del Meìlogu, la parrocchiale di San Giorgio domina sul piccolo villaggio di Semestene

La facciata di calcare chiaro, suddivisa in specchi da paraste, incornicia il bei portale inquadrato a sua volta fra due paraste scanalate e sormon­tato dal timpano e dalla finestra ret­tangolare in asse. Nulla, all'esterno, lascia indovinare l'impianto gotico-aragonese che si rende invece mani­festo all'interno: l'aula mononavata, fedele a un modello che resiste im­mutato da oltre un secolo, è riparti­ta in quattro campate, tre delle qua­li voltate a botte, una a crociera. La chiesa sorge in posizione scenogra­fica, alta su una terrazza cui si acce­de da un'ampia scalinata, e costitui­sce un monumento di sorprendente bellezza e importanza in un minu­scolo paese che contava, al 1998, duecentocinquantadue abitanti.

6. Pozzomaggiore: Chiesa parrocchiale di San Giorgio (1550 circa).

La facciata si apre fra i contrafforti laterali obliqui che, esplorando fino all'estremo limite le potenzialità scenografiche del modello, si pro­lungano in due quinte che fanno l'effetto di grandi ali spalancate. Sopra il bei portale gigliato corre un ampio fregio ad archi intrecciati che, come la cornice, si prolunga nei contrafforti, ripartendo la facciata in due ordini: in quello superiore, ai lati del grande rosone, i contrafforti si prolungano in due ali più corte, tagliate quasi ad angolo retto, la cui ipotcnusa svasata accentua lo slan­cio verticale del frontone a spioven­ti. L'interno è rigorosamente mono-navato, suddiviso in cinque campa­te voltate a crociera, con eleganti ornamenti nei capitelli dei pilastri e nelle chiavi di volta degli archi. Nel­la seconda cappella a sinistra la vol­ta a botte è tutta rivestita di tor­melle quadrate in rilievo, intagliate nei più svariati motivi floreali e zoomorfi a comporre un'esuberante fan­tasia di forme e di colori.

7. Padria: Chiesa parrocchiale di Santa Giulia (1520 circa).
Di questo nutrito gruppo di chiese gotico-aragonesi del Meilogu la par­rocchiale di Padria è la più antica, e certo anche la più bella per purezza
delle forme ed equilibrio delle pro­porzioni.

La parrocchiale di Santa Giulia di Padria è uno dei capolavori dell'architettura gotico-aragonese in Sardegna


La facciata in conci di are­naria dorata, chiusa fra i contraffor­ti obliqui che si prolungano sopra la cornice in gradoni ornati da due sta­tue di profeti, il portale gigliato con i due pilastrini che si slanciano oltre l'arco a tutto sesto a sostenere due figure mostruose, il magnifico cam­panile a canna quadrata, l'interno mononavato ripartito in cinque campate voltate a crociera, i capi­telli e le mensoline scolpiti con fi­gure di angeli e di suonatori di liuto o di flauto, ogni elemento, si può dire, di questo raffinato gioiello dell'architettura catalana in Sardegna è servito da modello, mai eguagliato, per le sue eccellenti imitazioni e va­riazioni. Scoprirla per ultima è come veder confluire, andando a ritroso nel tempo, gli esercizi di stile nell'e­semplarità del capolavoro: a con­ferma che, nell'arte, la perfezione si presenta spesso al principio, ma può essere gustata appieno soltanto alla fine.





 
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