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Giovani donne in tunica bianca scortano la processione reggendo
le fiaccole per illuminare la strada agli apostuli e ai cantori
L'occasione: il lunedì precedente La Pasqua.
In tutta la Sardegna, come nella maggior parte delle società dalle solide tradizioni agropastorali, la Pasqua è di gran lunga la festività più sentita del calendario. In talune zone del Nord Sardegna (e l'Anglona, la regione di cui Castelsardo è per cosi dire il capoluogo, è fra queste) si usava chiamare il Natale "Pasqua di Natale" (Pasqua di Nodali), a dimostrazione della superiorità relativa della festa primaverile su quella invernale. Nella centralità che la tradizione attribuisce alla Pasqua, al misticismo cristiano viene a mescolarsi una componente pagana tutt'altro che dissimulata, che si rende manifesta nel rito di su nenniri, diffuso in tutta l'isola: il mercoledì delle Ceneri, primo giorno di Quaresima, si prendono alcuni chicchi di grano e li si rinchiudono in un locale buio, avvolti nella stoppa umida. In queste condizioni il grano germoglierà senza inverdire (la funzione clorofilliana è resa infatti impossibile dalla mancanza di luce). In uno dei giorni della Settimana Santa, per lo più il giovedì, le donne riesumano questo grano germogliato e lo portano in chiesa. La correlazione simbolica fra la Pasqua di Resurrezione e il risveglio primaverile della natura è così evidente e consapevole che in certi paesi, come Nulvi, nell'Anglona interna, i chicchi di su nenniri vengono chiamati sos sepulcros.
Non c'è dunque da meravigliarsi se i riti della Settimana Santa sono in Sardegna fra i più seguiti, solenni e rigidamente codificati della tradizione folclorica. Non i più festosi, certo, data la connotazione prevalentemente funebre delle cerimonie e delle rappresentazioni, anche se una netta cesura separa i riti sepolcrali della settimana da quello resurrezionale della domenica di Pasqua, S'Incontru, cioè l'incontro fra la Madonna e il Figlio risorto, che assume in alcuni paesi, e in particolar modo a Oliena, nel Nuorese, i tratti emblematici di un incontro ben più collettivo, con il concorso variopinto e scenografico dei costumi tradizionali. Nei riti legati invece alla rievocazione del sacrificio, come i misteri (Sos Misterios), la crocefissione (S'Incravamentu), la cerca del Cristo per le chiese (Sas Chircas Mudas), la deposizione (S'Iscravamentu, che ad Alghero, dove il rito ha particolare importanza, assume il nome catalano di Desclavament, la solennità ieratica ma vivace e popolaresca della sacra rappresentazione medievale si colora delle tinte cupe e penitenziali lasciate in eredità alla Sardegna dai secoli di dominazione spagnola. In questo senso, in quello cioè di una interpretazione angosciosa e insieme formalistica della religiosità, di ispirazione decisamente controriformistica e di didattica severità gesuitica, si può effettivamente parlare di una componente "barocca": non già nel senso di una sovrabbondanza degli elementi ornamentali, che al contrario sono per lo più di esemplare asciuttezza e di valore prettamente simbolico.
Nella complessa liturgia del Lunissanti di Castelsardo tutte queste componenti (la pagana, la medievale, la spagnolesca) trovano modo di fondersi in un insieme di rara efficacia e di quasi miracoloso equilibrio formale, alla cui armonia irripetibile concorre in misura decisiva l'importanza veramente cruciale del canto polifonico a cappella. L'elemento musicale, che si declina secondo moduli di assoluta originalità nei quali sembrano confluire da una parte la tradizione del canto gregoriano e dall'altra vocalizzazioni dagli echi vagamente arabeggianti, costituisce la struttura stessa del rito, intorno alla quale tutti gli altri attori ed azioni vengono ordinandosi con evidente funzione ancillare.
La Confraternita di Santa Croce, che ha sede nella chiesa di Santa Maria, è da secoli la depositaria della tradizione, con il suo rigido e solenne cerimoniale, e il centro organizzativo dell'evento. Il Priore sceglie fra i membri della Confraternita gli apostuli, cioè i portatori dei dieci misteri o simboli della Passione (la scala, la croce, la corona di spine, i chiodi, ecc.) e i cantori (tre cori di quattro elementi ciascuno), che vestiranno per tutta la durata del rito la tonaca bianca e il cappuccio. All'alba del giorno di lunedì santo i confratelli assistono alla messa nella chiesa di Santa Maria. Si svolge quindi per le vie dell'antico borgo medievale una prima processione dei misteri, accompagnati dai cori liturgici, al termine della quale tutti, i confratelli e la popolazione (che partecipa numerosa all'evento), si recano in pellegrinaggio fino alla chiesa romanica di Nostra Signora di Tergu, a otto chilometri da Castelsardo, sulle dolci colline a ridosso del mare. È questa una tradizione che viene rispettata da secoli e nella quale palpita la memoria storica dell'importanza del monastero benedettino di Tergu per la vita economica, religiosa e sociale dell'Anglona medievale. Nella basilica di Tergu (una delle più belle chiese romaniche della Sardegna) viene celebrata nuovamente la messa, durante la quale i cantori intonano L’attittu, il canto funebre per la morte di Cristo. Dopo La funzione religiosa si svolge, nel sito campestre della basilica, la sola parte del rito che abbia le caratteristiche di una festa e nella quale affiora, ed anzi prende per alcune ore il sopravvento, la componente pagana e genuinamente comunitaria della ricorrenza. Le centinaia di convenuti si suddividono in gruppi e pranzano allegramente all'aperto, sui prati, verdissimi in questa stagione, specie quando la Pasqua cade un po' alta, verso la metà di aprile. Il banchetto e le libagioni proseguono per varie ore, fino al far della sera. Quindi si fa ritorno a Castelsardo, in modo da raggiungere il paese quando è già calata la notte. Ha allora inizio la parte più suggestiva della cerimonia. L'illuminazione stradale viene spenta e anche gli interni delle case sono rischiarati soltanto da fioche candele.
Sullo sfondo di una caratteristica viuzza del centro storico di Castelsardo, uno degli apostuli in tonaca e cappuccio bianchi presenta due dei misteri della Passione.
La processione prende a salire al buio per le stradette del centro storico, lentamente, nei bagliori vacillanti delle lampade a olio sospese ai muri e dei ceri portati da chi fa ala al corteo. Ciascun gruppo di cantori, composto di quattro voci (bassa, bogi, contro, faisittu:
basso, tenore, controcanto e falsetto), esegue più volte un solo canto polifonico processionale (Miserere il gruppo di testa, Stabat quello centrale, Jesus quello di coda) e porta un simbolo della Passione (rispettivamente un teschio, l'Ecce Homo e il Crocifisso). Quando si canta, il corteo si arresta. Lentamente La processione risale fino alla chiesa di Santa Maria, di dove era partita il mattino e dove la giornata si conclude con un'affollatissima messa solenne.
Le produzioni tradizionali della zona.
Castelsardo, che conserva uno dei centri storici più omogenei e interessanti del Nord Sardegna, è il principale centro dell'isola per quel che concerne l'arte dell'intreccio. Nei locali del castello medievale è allestito un importante Museo dell'intreccio mediterraneo, che espone suggestivi esempi di manufatti antichi e recenti provenienti da varie parti dell'isola.
LLe fibre della palma nana sono fra i materiali
tradizionalmente utilizzati per l'artigianato
dell'intreccio
In questa zona il materiale caratteristico impiegato per la produzione di cesti e cestini di diverse forme e dimensioni è la fibra della palma nana, ma è largamente utilizzata anche la rafia. Le tecniche di lavorazione sono quelle "a punto", "a punto attorcigliato" e "a punto catena" Castelsardo è ormai divenuto da anni il principale centro di produzione e di vendita del settore, cosicché nei grandi empori disseminati un po' dovunque, nel centro storico e nelle sue immediate vicinanze, è facile trovare esposti, accanto ai prodotti locali (che molte donne del paese intrecciano e vendono tuttora davanti alla porta di casa), anche quelli provenienti da altre zone della Sardegna e, purtroppo, manufatti assolutamente non tipici prodotti in Estremo Oriente. L'artigianato dell'intreccio è tradizionalmente diffuso in altri centri dei dintorni, come Tergu e Viddalba.
Una produzione del tutto peculiare dell'Anglona, e in particolare di Laerru, piccolo paese dell'interno, è quella delle pipe, realizzate in radica di provenienza locale: si tratta di oggetti di gran pregio, assai ricercati dai collezionisti sia in Italia sia all'estero (soprattutto in Germania). Gli artigiani eseguono personalmente tutte le fasi della lavorazione, dal taglio della radica alla stagionatura (che dura in media due anni) fino alla bollitura e all'elaborazione finale delle pipe. In alternativa alla radica viene occasionalmente utilizzato anche il legno di olivastro, tipica essenza della macchia mediterranea. Benché il costante calo demografico di questi ultimi decenni, che caratterizza tutte le regioni di antica tradizione agricola della Sardegna, abbia provocato in Anglona la scomparsa di alcuni mestieri d'arte, la tessitura, un tempo praticata quasi in ogni paese, è tuttora coltivata a Chiaramonti, il centro più meridionale della regione. La tecnica usata è quella tradizionale a grani (a pibiones), con disegni in rilievo di lana su fondo liscio di cotone. Il colore è bianco su bianco (o tutt'al più lana greggia su cotone bianco) e i motivi ornamentali sono geometrici, con lettura che parte generalmente dal centro del disegno per allargarsi con movimento simmetrico verso i margini.
Un paese dove l'attaccamento alla tradizione è ancora molto forte è Osilo, grosso borgo inerpicato in magnifica posizione panoramica sui monti del Tuffudesu, in una zona che fa da cerniera fra l'Anglona occidentale e la Romangia. Qui, dove è ancora largamente praticata l'arte del ricamo e della confezione dei costumi tradizionali (fra i più belli dell'isola), anche la tessitura di tappeti e coperte assume taluni caratteri del ricamo. La tecnica a pibiones viene spinta al limite delle sue qualità di finezza e di preziosità ornamentale. I fili usati sono quanto più possibile sottili, i pettini stretti, il risultato finale di compattezza e precisione estreme. Le mustras (i disegni ornamentali) sono prevalentemente a motivi geometrici, specie a losanghe, o a fiori stilizzati. Alla monocromia classica (bianco su bianco, greggio su greggio) si alternano morbidi giochi sulle tonalità del giallo e del marrone.
Purtroppo è andata del tutto perduta in Anglona l'arte dell'intaglio del legno, delle cui glorie passate si conservano esempi mirabili nella stessa cattedrale di Castelsardo e nelle chiese di Nulvi, mentre riesce a sopravvivere nella sola Chiaramonti un'altra nobile tradizione, quella della lavorazione della trachite.
Fra i prodotti tipici eccellono i formaggi di Perfugas, Sedini, Chiaramonti, Nulvi e Osilo, rinomati per la loro qualità e per la varietà delle lavorazioni. Pani tipici, di forma rotonda, sono prodotti in Romangia, a Sorso su tundu, dalla crosta croccante) e a Osilo (so lotura, di pasta dura). La stessa Osilo e Sennori figurano fra i centri più rinomati del Nord Sardegna per la pasticceria, in particolare per tiiiccas (piccole strisce di pasta riempite di sapa, cioè di mosto cotto) e formaggelle (o ca-