Castelsardo
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Altitudine:
m.114 Superfìcie: kmq 45,48 Abitanti: 5.314 |
Il paese
arrampicato sulla roccia |
II paese, posto su un
alto promontorio roccioso, si affaccia sul mare da una posizione privilegiata,
che gli apre alla vista l'ampio arco del Golfo dell'Asinata e per un buon
tratto la costa gallurese. Al sommo del borgo medioevale, cinto da bastioni
arcigni, è il Castello che di tutta questa regione finché poté fu il
presidio. Intorno al castello, e insieme ad esso, Castelsardo (ma fu
chiamato allora Castel Genovese) nacque intorno al 1100, al tempo della
lunga contesa fra genovesi e pisani, per iniziativa dei Doria che ne fecero
il caposaldo del loro dominio sulla Sardegna settentrionale. Cambiò nome,
diventando Castell'Aragonese, nel 1448, quando gli spagnoli sconfissero il
ribelle Nicolò Doria; fu infine ribattezzato col nome che ancora porta nel
1769 dai governanti sabaudi. Da allora tutt'intorno
alla rocca, dovunque lo consentissero il mare che gli sta davanti e le rocce
che lo sostengono, nel tempo il paese si è dilatato, digradando lungo i
fianchi del colle, via via meno ripidi, invadendo il breve tratto
pianeggiante e spingendosi fin sulle alture che si levano alle sue spalle. Quasi immutato e rimasto
il suo nucleo storico, che ha conservato intatte le sue stradine ripide e
strette, le antiche case, le belle chiese. Sorte diversa ha avuto il
Castello, del quale restano il portale d'ingresso, una torre, alcune stanze
e le scuderie. Nel Castello oggi ha
sede il Museo dell'Intreccio mediterraneo nel quale sono esposti, fra l'altro, i cestini opera delle artigliane
locali. Sospesa sul mare sembra
essere la Cattedrale intitolata a Sant'Antonio Abate che fu costruita fra
la fine del Cinquecento e i primi anni del Seicento nel luogo dove sorgeva
un'antica chiesa romanica benedettina. Alle sue spalle si leva
l'alto campanile di trachite bruna dalla cupola di maiolica. Nella cattedrale (ma
oggi, trasferita a Tempio la sede episcopale, è Vi sono altari settecenteschi
scolpiti nel legno di ginepro. Notevole, in particolare, il retablo di
Sant'Antonio Abate, scolpito nel 1738 da ignoti artigiani sassaresi, ed è un
esempio unico in Sardegna il complesso ligneo della Cappella di San Filippo
Neri, forse del Seicento. Risale invece sicuramente
al 1740, ed è opera di due ebanisti sassaresi. Antonio Sanna e Francese
Carta, il retabto della Madonna del Carmelo. L'opera in assoluto più
importante è un dipinto raffigurante una Madonna con Bambino e angeli. È una delle quattro
tavole (le altre tre sono conservate nella vicina aula capitolare) di un
grande retablo smembrato nell'Ottocento, opera di un artista del quale ci è
ignoto il nome, ma che gli studiosi conoscono come il "Maestro di
Castelsardo". Il pittore, di origine
catalana, venuto in Sardegna nella seconda metà del Quattrocento, vi operò
per due decenni. Il retablo, dipinto a
tempera con ritocchi ad olio, risale all'ultimo decennio del XV secolo. Di grande pregio l'organo
della cattedrale, costruito nei primi anni del Settecento. In un cortile alle spalle
della cattedrale sta, col convento al quale è annessa, la chiesa
trecentesca di Santa Maria, nella quale sono custodite due opere di notevole
rilievo: un crocifisso detto, per la colorazione scura assunta dal legno, il
Cristo Nero, e un fece Homo chiamato La Pieddai (La Pietà). La chiesa appartiene
alla Confraternita di Santa Croce, depositaria della tradizione del
Lunissanti, rito di origine medioevale che si ripete ogni anno il lunedì
precedente la Pasqua. Al rigido rituale
presiede il Priore della Confraternita, che sceglie gli
"apostoli", portatori dei dieci simboli della Passione (la croce,
la corona di spine, i chiodi ecc.), e i dodici cantori, raggruppati in tre
cori di quattro elementi ciascuno, secondo i canoni della musica vocale
sarda. Dopo la messa nella
cattedrale i confratelli, seguiti dalla folla, portano in processione il
Cristo Nero e una copia in gesso della Pieddai per le strade del paese e poi
nella chiesa romanica di Nostra Signora di Tergu, a otto chilometri da
Castelsardo, dove si celebra una solenne funzione accompagnata dall'attitu,
il tradizionale canto funebre sardo. Il ritorno a Castelsardo
avviene di notte, e al lume dei ceri portati dalla folla e di lampade a olio
sospese ai muri. Durante il lungo cammino ciascuno
dei tre cori esegue più volte un solo canto processionale: il Miserere il
gruppo di testa, lo Stabat Mater quello centrale, lo Jesus l'ultimo, portando
uno dei simboli della Passione: un teschio, l'Ecce Homo e il Crocifisso.
Durante il canto la processione si arresta; cosi, lentamente, raggiunge la
Chiesa di Santa Maria dove già a tarda sera viene celebrata la messa
solenne. |