Bessude

 

 

 

 

 

Altitudine: m 447 Superficie: kmq 26,84 Abitanti: 500

 

Domus de janas di Enas de Cannuja

 

Bessude, piccolo centro del Meilogu posto alle pendici del Monte Peiau, in una regione ricca di corsi d'acqua e di sorgenti (Vittorio Angius, nel Di­zionario degli Stati di S. M. il Re di Sardegna del Casalis, lo definì "il paese dalle ottanta sorgenti"), non conobbe mai le stagioni floride che pure vissero altri paesi vicini, come Banari o Thiesi. La sua economia è sorretta da una stenta attività pa­storale; si spiega così la forte inci­denza dell'emigrazione, che negli ul­timi decenni ha privato questo co­mune di una parte notevole dei suoi abitanti. Nell'abitato vi è, di qualche rilievo, la chiesa parrocchiale intito­lata a San Martino, la cui costruzio­ne risale al 1620 e nella quale sono custoditi alcuni dipinti di qualche pregio e la tomba del latinista Fran­cesco Carboni (1746-1817). Di mag­gior interesse la Chiesa di San Leo­nardo, che sorge su un'altura ai mar­gini del paese: costruita nel Quattro­cento in stile romanico-gotico, fu sede della parrocchia fino al 1620. Ha strutture murarie in pietra calca­rea, come alcune vecchie casette che sorgono nei dintorni; sul pro­spetto principale si leva un campa­nile a vela a due luci. La chiesa, fino a qualche anno fa in totale abbando­no, è stata restaurata di recente. Bessude conserva ancora, al centro dell'abitato, l'antico lavatoio comu­nale, alimentato dall'acqua del vici­no Rio 'e Funtana, che era luogo d'incontro per le donne che vi face­vano il bucato.

Nel territorio restano le testimo­nianze di antichissimi insediamenti umani. Di grande interesse è il grup­po di domus de janas di Enas de Cannuja, posto a poca distanza dal paese; si tratta di cinque o sei tombe ipogeiche allineate su un co­stone di roccia tufacea e in stato di conservazione non buono per lo sfaldamento della roccia. Di particolare rilievo la tomba detta dei "Pilastri scolpiti", composta da due soli vani:un'anticella e una cella.

Si suppone che le pareti dell'anticella fossero decorate, ma ormai non restano che poche tracce di colore rosso. La cella rettangolare ha al centro due pilastri ricavati nella roccia, decorati da una serie di incisioni a V disposte a spina di pesce. La volta riproduce un tetto a doppio spiovente con la trave cen­trale in rilievo che poggia sui pila­stri.

Bessude, dopo la conquista della Sardegna da parte degli aragonesi, fu feudo della famiglia Manca Amat. Nel 1796 fu, con Banari, fra i pochi paesi che sostennero Thiesì nella lotta antifeudale.

Gli stazzi

In seguito a una serie di fenomeni climatici e ambientali, ma anche alla du­ra repressione operata dal governo spagnolo nei confronti dei pastori semi­nomadi, la Gallura si presentava verso la fine del Cinquecento pressoché di­sabitata. Si venne così a creare una situazione di ingovernabilità che, nel cono dei due secoli successivi, favorì l'occupazione abusiva delle terre da parte di gruppi provenienti dalla Corsica o dall'interno della Sardegna. Quan­do questi gruppi presero a fissarsi in sedi stabili, nacquero, nella campagna solitaria, gli stazzi (dal latino statio: casa di campagna, cascinale; in sardo sa cussòlza: il luogo dell'abitazione), particolari aziende-abitazioni di pasto­ri o contadini che non hanno riscontro in altre zone dell'isola (salvo forse nel Sulcìs) e che caratterizzano fortemente il paesaggio rurale della Coltura. Eretti in spezzoni di pietra granitica, con tetto di tegole e canne sostenute da travature di ginepro, si componevano all'origine di pochi vani, stretta­mente indispensabili alle esigenze del gruppo familiare, per ingrandirsi con successivi ampliamenti a mano a mano che la famiglia cresceva, sino a ra­dunare sotto lo stesso tetto diverse generazioni. Accanto all'edificio si apri­vano dei rustici per i quali venivano spesso utilizzate le risorse naturali: an­fratti, grotte, pareti offerte dal granito. Sviluppatisi in particolare nell'Otto­cento e nella prima metà del Novecento, con l'avvento dell'industria turistica (a partire dagli anni Sessanta) hanno perduto in molti casi il loro carattere rurale per assumere la fisionomia dì luoghi di villeggiatura.